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ARTEQ Summit, un mese dopo: ecco cosa è successo.

Come dopo una giornata di laurea e di grande festa che ne segue, che suggella un percorso di studi e ricerche lungo e intenso a cui ci si è dedicati anima e corpo e ci si ritrova un po’ spaesati pensando a cosa avverrà ora di altrettanto eccitante e coinvolgente, così Musei-IT oggi è fiero di aver contribuito passo dopo passo alla realizzazione di ARTEQ Summit, una conferenza che si è dimostrata unica nel suo genere. 

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Ci sembra giusto raccontarla ora, un po’ a freddo, rivivendo non solo col cuore ma anche con la ragione questa giornata e condividerla con chi l’ha vissuta con noi il 28 aprile scorso, con chi non c’era quel giorno e ci sarebbe voluto essere, e con chi ne viene a conoscenza solo ora.

Lo facciamo pubblicando un interessante articolo di Simonetta Pozzi dell’Osservatorio Italiano Storytelling, che ha raccontato la sua esperienza ad ARTEQ. Buona lettura.

Arteq summit: momento d’incontro tra futuro e cultura

I can tell the same story but personalized for each visitor

Di storie e di coinvolgimento del visitatore si è parlato a lungo durante il primo convegno dedicato ad aziende leader nelle tecnologie d’avanguardia e alle istituzioni culturali, Arteq summit, a Milano il 28 aprile. Organizzato da Innovabiliy in collaborazione con Musei-it.com, è stata un’occasione importante d’approfondimento sullo sviluppo tecnologico orientato al mondo culturale, su esperienze vissute in Italia e all’estero e condivisione di progetti futuri. Ha visto la partecipazione di grandi realtà affermate a livello internazionale ed anche di musei ed enti innovativi di piccole dimensioni.

Abbiamo seguito il convegno per capire come le tecnologie di ultima generazione possano aumentare la user experience in musei e mostre e Simonetta Pozzi, membro dell’Osservatorio di Storytelling, è la voce narrante che ci conduce in quest’esplorazione. Guidati nell’approfondimento del panorama dell’Augmented Reality, dell’Internet Of Things, dei weareable devices, della robotica e dei droni abbiamo compreso quanto la realtà virtuale debba rendere l’esperienza la più reale possibile. A completamento degli interventi, abbiamo potuto anche testare dispositivi messi a disposizione del pubblico da alcune aziende high-tech intervenute. Innovazione, esperienza, monitoraggio del comportamento del visitatore sono le parole chiave ricorrenti. E’ fondamentale conoscere il proprio pubblico e dare dei contenuti nuovi e di alto valore.

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L’esperienza di due realtà museali note in Italia conferma quanto le istituzioni quali i musei possano essere dei promotori culturali. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino è da anni impegnato nello sviluppo di soluzioni digitali che consentano di mettere il patrimonio museale a disposizione di tutti, perché il visitatore diventi un protagonista attivo. Dotazioni di tablets, utilizzo di TAGS per scoprire contenuti video, fotografici ed anche aneddoti, devices per attività didattiche per scuole e famiglie che stimolano la curiosità ed interattività sono solo alcuni dei plus offerti al pubblico.

Di rilievo è sicuramente l’esperienza immersiva “Panorama” in AR, dove è possibile assistere ad una proiezione a 270° del panorama della città di Torino arricchita da supporti audio e video provenienti anche da film storici. L’orientamento all’apprendimento e alla user experience è basilare anche per il Museo Muse di Trento che si serve della tecnologia per creare “an environment for learning”, come precisa un responsabile intervenuto al convegno. Le audioguide tradizionali non sono confacenti alla loro realtà espositiva, perché non sono un museo contemplativo, ma esperienziale. Le dotazioni di iPad mini e soprattutto di ben 116 “beacons” che interagiscono con gli smartphones inducono a prolungare il tempo della visita. La ricerca sulla tecnologia è un punto d’attenzione particolare tanto che è stato creato lo Smart Crowds, un laboratorio territoriale dove i cittadini possono partecipare come volontari nei test.

Per poter fornire maggiori approfondimenti dal punto di vista storico e quindi unire contenuti e tecnologia, l’azienda ETT si è appoggiata anche a docenti nel progetto “Time-shift” experience nel castello medioevale a Monteverde in provincia di Avellino. Nella sala del trono del castello, i visitatori seduti su una sedia a forma di trono, sono invitati ad indossare l’apparecchiatura che li trasporta virtualmente nel medioevo e la sala prende vita con dettagli architettonici, suppellettili, tanto che gli utenti diventano parte della storia. Oculus Rift, indossati nel museo consentono d’immergersi in un virtual tour con le stesse percezioni del mondo reale. Ogni movimento del capo è tracciato in real time e conduce ad un’esperienza naturale ed intuitiva.

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Per esperienze più focalizzate che coinvolgono gruppi numerosi è preferibile l’uso del gadget, card board che, anche se meno efficaci dal punto di vista della risoluzione, consentono di concentrarsi sulle opere man mano che si procede nella visita. La relazione diventa a due vie e il software ha un comportamento quasi umano, un Web Virtual Assistant che accompagna il visitatore in un tour personalizzato. Per l’azienda Occambee un plus è “different tour for different target” e l’engagement si raggiunge con due metodologie: storytelling e gaming. Attraverso le Digital Art Performances possiamo avere degli ologrammi che raccontano la storia di un vaso attico o la figura di Dante Alighieri in occasione dell’evento Dante a Teatro, maggio 201.

Più orientato al gaming è un nuovo prodotto, chiamato Genius Loci, un elfo che, assunte varie sembianze umane, racchiude lo spirito del luogo, diventando al contempo un tutor per il visitatore ed una fonte d’ispirazione e d’entertainment. Questa figura antropomorfa può apparire su dispositivi mobile o totem fisici, dialoga con i visitatori, utilizzando la voce, i gesti e le espressioni facciali e consente di arricchire l’esperienza di visita di un luogo. Il coinvolgimento è legato sempre più alla gamification e alla didattica che possono essere stimolati con l’utilizzo di robots, come suggerito dall’azienda danese Blue Ocean Robotics che ha sviluppato prodotti specifici quali Beam Pro, un robot- guida virtuale telecomandato a distanza o la Queball, palla interattiva per bambini.

L’innovazione tecnica è tuttavia importante quanto la capacità di ingaggio dell’utente, secondo Samsung. Spesso i dispositivi sono alla portata dei visitatori, ma scarsamente utilizzati. Esempi di Samsung -driven experiences si trovano, ad esempio, alla Fondazione Prada, al Museo Nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, Galleria Campari. Display di grande formato, tavoli o totem interattivi, Oculus per AR, totem per riconoscimento delle espressioni facciali consentono di aumentare in modo esponenziale l’esperienza e tracciare il comportamento del visitatore, altro elemento fondamentale per la personalizzazione delle esperienze.


Proprio sul comportamento dell’utente si è focalizzata l’azienda SR Labs che dal 2001 studia l’eye tracking ed ha predisposto dispositivi mobile e table-online che consentono al visitatore di costruire la propria esperienza di visita, a seconda dei propri interessi, e condividerla con social network, rimanendo in contatto anche dopo il tour. Il Visionary kiosk, PoliFX , dotato di una webcam integrata, rileva la presenza umana, definisce l’età ed il genere e presenta contenuti rivolti a target specifici, oltre ad essere guidato senza l’uso di alcun cursore, ma solo con lo spostamento degli occhi.

IoT, AR e tecnologia wearable sono stati oggetto di approfondimenti sia per quanto riguarda lo scenario attuale e futuro sia per lo sviluppo dei prodotti. AR si diffonderà sempre più nell’internet delle cose, secondo il responsabile dell’azienda Joinpad. Grazie all’unione con Fasthink, l’azienda mette a disposizione degli utenti soluzioni di context computing con l’obiettivo di migliorare il mondo industriale e della logistica attraverso . Per aumentare l’esperienza si potranno percorrere due vie: AR geolocalizzata e l’utilizzo del GPS per trovare luoghi interessanti attorno all’utente.

Nel panorama attuale i Google Glass sono destinati a diffondersi quasi esclusivamente a settori industriali ben specifici, quali ad esempio il settore medico e logistico, non il grande pubblico ed alla cultura ad ampio raggio sia per il livello d’investimento richiesto sia per l’uso non sempre confortevole. Secondo ricerche citate dal responsabile dell’azienda Vidiemme Consulting, emerge che non siano tra gli oggetti più graditi tra quelli wearable: le persone non amano indossare qualcosa di tipo tecnologico sul viso per molto tempo e la visione high tech che è relegata in uno spazio ristretto laterale non è confortevole.

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Altro discorso è in campo medico, dove può consentire uno scambio di anamnesi immediata a distanza tra operatori ad es. in autoambulanza e medici di pronto soccorso. Considerando l’IoT, la rivoluzione tecnologica sta attraversando molti settori tecnologici cambiando non solo la vita personale delle persone, ma i prodotti ed i servizi con costi sempre più contenuti e tecnologie ITC avanzate. “Reinventiamo non il design, ma il processo del design”, afferma il CEO di Things. Diventa determinante conoscere le abitudini degli utenti, i loro bisogni e il loro environment per poter creare prodotti veramente utili. Bisogna avere come obiettivo la semplicità e pensare prodotti e servizi per la vita reale.

Un esempio è il dispositivo Sclak, che rende le chiavi digitali e quindi consente di aprire la porta di casa con lo smartphone. A lato di queste applicazioni user friendly si può anche ipotizzare l’utilizzo di macchine più complesse per raccontare dall’alto siti archeologici o aree culturali, secondo il CEO di Eurolink Systems. I droni possono essere un valido aiuto, ad esempio, per accedere a rovine ancora inesplorate difficili da raggiungere e per fornire delle riprese aree a fini commerciali e turistici. Integrati con AR e ricostruzione 3D consentono di creare un’esperienza altamente immersiva.

La digital experience verte su diversi momenti come ha illustrato l’agenzia Stylum di Milano. 1.Registrazione e profilazione. Un esempio è la Disney Magic band, il primo wearable per parchi di divertimento nato ad Orlando, che consente d’interagire con i personaggi, di pagare le consumazioni anche nei resort. 2.Autenticazione. Un esempio è offerto da AC Milan Museum a Milano, dove attraverso schermi interattivi è possibile sfogliare le schede dei campioni ricchi di contenuti e statistiche. 3.Rewarding experiences devono includere personalizzazone, divertimento e possibilità di sharing. Possono avvenire tramite oggetti consegnati ai visitatori e non concludersi entro le mura del museo, come, ad esempio, The Pen, la nuovissima penna interattiva che fa parte dell’esperienza Cooper Hewitt Smithsonian National Design Museum. Permette di raggiungere un livello ancora più elevato di esperienze personalizzate per cui si possono selezionare e memorizzare oggetti del museo e visionare per approfondimento anche una volta conclusa la visita, essendo collegati ad un shortcode univoco. 4.Social sharing. Le nuove generazioni ed in particolar modo i Millennials non vogliono essere spettatori, ma attori dell’esperienza e desiderano condividerla. Si veda l’esempio di Swatch che nei punti vendita utilizza “Swatch photo booth” coinvolgendo i clienti in un album collettivo. 5.Monitoraggio che assume una particolare importanza per orientare anche la ricerca tecnica alla sempre maggior soddisfazione dei bisogni dell’utente finale.

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Il “marketing esperienziale” è alla base di uno studio dell’Università Bicocca di Milano, ARG (Art & Culture Research Group) presentato al pubblico di Arteq. L’obiettivo finale del progetto è comprendere come i musei possano combinare la user experience e la strategia di marketing, coinvolgendo i visitatori e creando una relazione con il brand. La ricerca si basa su un’esperienza svolta al museo di San Giminiano con l’utilizzo degli ArtGlass devices su un panel di 400 visitatori di cui 80% stranieri. I dati presentati sono incoraggianti, in quanto quasi la totalità degli utenti (98%) ha apprezzato i contenuti dei video introduttivi ed il 52% ha considerato l’esperienza molto positiva.

Le potenzialità di sviluppo sono molto interessanti e il percorso intrapreso da molti musei e aree culturali lo dimostra. Da fruitore passivo, il visitatore diventerà parte di una storia, un’esperienza immersiva che potrà vivere all’interno delle sale museali, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie high tech. Non c’è davvero che l’imbarazzo della scelta tra soluzioni sempre più innovative e ad Arteq Summit il futuro è già ora.

di Simonetta Pozzi Osservatorio Italiano Storytelling www.storytellinglab.org


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