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Come i musei possono sfruttare il commercio elettronico

Di Giuliano Gaia, InvisibleStudio

In Italia “nei 472 musei e siti archeologici gestiti dallo Stato (sugli oltre 4.400 presenti in Italia), ad avere un bookshop sono solo 87 strutture, per gran parte gestite da pochi soggetti presenti sul mercato”  (fonte: https://www.informazionesenzafiltro.it/e-guerra-dei-gadget-nel-bookshop-dei-musei/).

A fronte di una tale carenza di servizi fisici di vendita al cliente non sorprende se i dati raccolti dall’Osservatorio dell’Innovazione Digitale nei Beni Culturali del Politecnico di Milano indicano un utilizzo ancora più scarso dell’e-commerce: solo il 20% dei musei da loro monitorati prevede la vendita dei biglietti online e addirittura solo l’8% dei musei avrebbe un proprio e-commerce di prodotti. https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/comunicati-stampa/innovazione-musei-cultura-digitale

Queste cifre bassissime avvengono in un contesto in cui l’e-commerce è invece in crescita costante nella società in generale, come testimonia questo grafico.


Eppure, per non dare tutta la colpa ai musei, bisogna notare come secondo Confartigianato, che ha svolto un’indagine su 400 piccole imprese, solo il 12% delle aziende è attivo sul web e vende direttamente online; il 72% è attivo sul web – attraverso un sito aziendale o i profili sui Social Network – ma non vende sul web, mentre il 16% non è neppure presente sul web.  

Se paragoniamo i musei a delle piccole imprese, dato che il numero di dipendenti è spesso simile, possiamo quindi notare come il dato museale sia in linea con quello generale delle aziende italiane, ancora abbastanza restie ad investire nell’e-commerce nonostante anche  in Italia il pubblico sia sempre più propenso ad acquistare online.

Come possono oggi i musei sfruttare efficacemente il commercio elettronico?

Se definiamo l’e-commerce come “tutte le transazioni online in cui un pagamento viene effettuato o modificato” ( https://mw17.mwconf.org/paper/extending-the-e-commerce-experience-lessons-learned-and-the-questions-that-remain/ ) allora i musei possono usare l’e-commerce per:

  1. biglietti per collezioni permanenti, mostre temporanee, eventi, visite guidate

  2. servizi quali audio e video guide, diritti di riproduzione delle immagini, affitto di spazi o opere

  3. shop di gadget, libri, opere artistiche fisiche o digitali

  4. fundraising tramite membership e donazioni

  5. registrazioni a corsi, workshop, seminari e conferenze

Vediamo nel dettaglio questi cinque aspetti e come l’e-commerce può funzionare per ciascun punto. 

Biglietti:

I biglietti rappresentano “l’oggetto” più ovvio da vendere online per un museo, dato che possono essere trasformati in voucher digitali, eliminando ogni problema di consegna. 

Inoltre diversi musei usano servizi esterni che gestiscono la vendita dei biglietti che offrono anche moduli web per la vendita online di biglietti elettronici. La vendita online dei biglietti offre importanti vantaggi, permettendo la programmazione dei flussi e la riduzione delle code in cassa, e fornisce anche analitiche preziose sulla provenienza dei visitatori, dati molto più difficili da recuperare con la vendita dei biglietti in cassa. 

Servizi: l’aspetto a nostro parere più interessante tra i servizi è la vendita dei diritti sulle immagini delle opere. La possibilità di ottenere online a basso prezzo immagini ad alta qualità per diversi usi commerciali (gli usi non-profit ed educativi dovrebbero essere sempre liberi) potenzierebbe senz’altro questa attività con vantaggi per i musei sia in termini economici che di visibilità, con il valore aggiunto di diffondere immagini culturali presso nuove fasce di pubblico. Non a caso molti grandi musei inglesi e americani stanno costruendo grandi database di immagini scaricabili e licenziabili online; altri si appoggiano a operatori privati come ad esempio gli Archivi Scala con sede a Firenze.

Shop: come è noto una visita allo shop costituisce oggi un importante complemento dell’esperienza del visitatore. In questo senso un web shop fornito, usabile ed efficiente può risultare uno strumento efficace per “agganciare” l’utente anche al di fuori del contesto della visita, integrandosi bene con lo shop fisico. Prima di aprire uno shop però il museo deve essere in grado di gestire la parte più complessa di un e-commerce, e cioè la logistica. La rapidità e precisione di gestione dell’ordine, delle consegne e degli eventuali resi è centrale per il successo ed è un fattore spesso sottovalutato.


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Lo shop del Walker Art Center di Minneapolis. 

Nel 2015 il Walker Art Center di Minneapolis ha provato ad aggiungere al proprio shop, a fianco ai classici libri e gadget, anche “oggetti intangibili” sviluppati da artisti come messaggi creativi per segreterie telefoniche, set di foto per snapchat, ecc. L’iniziativa ha avuto una vasta eco stampa ma non deve aver raggiunto volumi sufficienti di vendita, dato che ad oggi non si trova più traccia di questi oggetti nello shop.

Fundraising: donazioni (anche micro-donazioni), crowdsourcing e soprattutto membership sono modalità di auto-finanziamento storicamente poco sfruttate in Italia, sia online che offline. Nei paesi anglosassoni invece le membership sono una parte molto importante della vita museale, sia in termini di raccolta fondi che di costruzione di lealtà verso l’istituzione all’interno della comunità. L’online può rendere molto più semplice sia la costruzione della membership, sia la risposta in termini di donazioni a campagne di DEM (Direct E-mail Marketing)

Registrazioni: i musei sempre più si propongono come luoghi vivi e dinamici, ricchi di iniziative, workshop, corsi e conferenze. La registrazione e il pagamento anticipato online di  questi corsi permette sia una migliore programmazione e gestione del pubblico, sia la possibilità di sfruttare gli indirizzi raccolti per future promozioni.

Un aspetto importante da sottolineare è che esistono sistemi professionali facilmente attivabili e utilizzabili per ognuno degli ambiti sopra citati, sistemi che gestiscono sia i “clienti” che i pagamenti in totale sicurezza, in cambio di percentuali solitamente ragionevoli. A parte i software di biglietteria online, infatti, è possibile usare software online come Eventbrite per la gestione degli eventi, Paypal per la raccolta delle donazioni, oltre a numerosi software per la gestione delle membership e piattaforme di E-commerce (compresa la stessa Amazon) per le vendite online, con formule che a volte comprendono anche l’immagazzinaggio e la spedizione degli oggetti. In altre parole, è possibile oggi per un museo sperimentare a basso costo questi strumenti per verificare quali funzionino meglio per poi puntarvi in maniera più decisa. In generale, infatti, il digitale è un ambito che permette di sperimentare velocemente e fallire a basso costo.  


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La fantasiosa offerta dello shop del Mumok di Vienna

Più in generale è importante secondo noi considerare tutto l’ambito dello shop e del merchandising come una grande occasione culturale, non solo di raccolta fondi. Lo shop è oggi l’indispensabile complemento della visita al museo, sia dal vivo che online; aumentare  la “permanenza” di una visita culturale dovrebbe essere un obbiettivo che il museo dovrebbe perseguire con ogni mezzo, perché parte rilevante della propria mission. 

DOMANDE:

Il vostro museo ha aspetti che potrebbero essere facilmente sperimentati online? Ha ad esempio uno shop fornito e funzionante? O molti libri legati al proprio tema che potrebbero essere proposti esclusivamente online? Ha una ricca attività di workshop che potrebbe giovarsi di una registrazione online? Ha intenzione di sperimentare piccole campagne di crowdfunding verso il proprio pubblico? Come si potrebbe usare lo shop per migliorare l’esperienza culturale dei vostro visitatore?

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