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Gamification al museo. Così si rinnova la fruizione della cultura

L’uomo è un animale che gioca: deve sempre cercare di vincere in una cosa o l’altra.

Diceva lo scrittore, poeta e drammaturgo inglese Charles Lamb, oltre 200 anni fa.

Oggi la nostra predisposizione al gioco è resa ancora più evidente dalla proliferazione di dispositivi digitali, come smartphone e tablet, e di piattaforme (non create appositamente per giocare, ma che mettono a disposizione mini-giochi di facile accesso), che hanno invaso le varie attività quotidiane, rendendo la nostra cultura ‘ludicizzata’.


Utilizzo dei dispositivi

Percentuale della popolazione adulta in Italia che attualmente utilizza diversi tipi di dispositivi. Fonte: https://www.slideshare.net/wearesocial/digital-in-italia-2018.


Il gioco, però, non costituisce sempre un divertimento fine a se stesso, anzi. Le sue dinamiche possono essere utilizzate per trasmettere messaggi, informazioni, coinvolgere e persino stimolare nuovi comportamenti. È proprio sulla base di queste dinamiche che si sviluppa la cosiddetta ‘gamification’, ovvero l’applicazione di meccaniche tipiche del gioco (elementi di gioco, meccaniche di gioco e tecniche di game design) a contesti non ludici, con lo scopo di aumentare l’engagement e promuovere la fidelizzazione dell’utente.

Questo nuovo linguaggio può offrire ai musei una grande opportunità di riscoperta e rinascita, permettendo loro di rimanere competitivi. I musei stanno infatti cominciando a trovare nuovi modi per soddisfare le esigenze dei loro visitatori e migliorare la loro esperienza al museo e hanno iniziato ad aggiungere alla propria offerta museale tecnologie digitali e tecniche di gamification attraverso l’utilizzo di applicazioni mobile da fruire all’interno dei propri spazi allestitivi.

Gaming e gamification possono quindi essere strumenti utili per raggiungere nuovi pubblici museali, in particolare le generazioni più giovani, e possono stimolare nel pubblico un processo partecipativo ed emozionale dell’esperienza.


Un visitatore utilizza un gioco per scoprire le collezioni di una Casa Museo.

Un visitatore utilizza un gioco per scoprire le collezioni di una Casa Museo. Fonte: foto di Beatrice Roncaglia


Ma per quale motivo i musei stanno iniziando ad applicare alle proprie strategie di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale tecniche di gamification?

Il motivo è che alla ormai superata idea di museo come luogo di contemplazione passiva è subentrata una concezione più dinamica dello stesso. Il museo è visto come spazio di apprendimento e di interazione in cui i visitatori sono chiamati a partecipare attivamente alla costruzione della propria esperienza di visita, passando da semplici consumatori a dei veri e propri consum-attori. Alla base di questo cambiamento dell’esperienza museale si pone perciò la consapevolezza che è necessario considerare i visitatori come partecipanti attivi, con la capacità di crearsi una personale interpretazione delle opere d’arte, piuttosto che essere visti come ricevitori passivi di informazioni. Il museo diventa un ‘regista di esperienze’: non vende più solamente beni o servizi, bensì l’esperienza che ne deriva.


La differenza tra impostazione museale tradizionale e partecipativa. Fonte: SIMON Nina, The Participatory Museum, Museum 2.0, Santa Cruz, 2010.

La differenza tra impostazione museale tradizionale e partecipativa. Fonte: SIMON Nina, The Participatory Museum, Museum 2.0, Santa Cruz, 2010.


La generazione di un’esperienza consapevole e positiva nei visitatori del patrimonio culturale sembrerebbe favorire la valorizzazione dei beni culturali e, di conseguenza, le strategie di cultural heritage marketing sono sempre più orientate a valorizzare tale esperienza e a suscitare emozioni e sentimenti: i visitatori che hanno vissuto una esperienza positiva durante la visita di un sito culturale sono più propensi a rivisitarlo per rivivere tale esperienza oppure a raccomandarlo ad altri. L’esperienza è quindi una nuova tipologia di offerta che si aggiunge alle commodities, ai beni e ai servizi.

La letteratura ha evidenziato che le tecnologie di comunicazione possono ricoprire un ruolo importante nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio culturale in una prospettiva esperienziale e proprio la proliferazione delle nuove tecnologie ha incentivato i musei a ridisegnare la propria offerta e a trasformarsi in piattaforme interdisciplinari per la sperimentazione e l’apprendimento. I musei, infatti, oggi possono contare su una varietà di soluzioni che permettono loro di differenziarsi e focalizzarsi su segmenti diversi di pubblico. È chiaro che l’intero panorama museale sta attraversando una fase di cambiamento: un cambiamento di direzione che riguarda uno spostamento graduale dal passato al presente, dai musei di ieri più statici a quelli di oggi più innovativi e interattivi, che trovano nella tecnologia la chiave per il rilancio di un settore che, se non dovesse riuscire a cogliere l’opportunità per rinnovarsi, rischierebbe di risultare stagnante e incapace di assecondare le esigenze del nuovo pubblico.


Virtual Reality al British Museum. Fonte: https://www.bbc.co.uk/news/technology-33772694

Virtual Reality al British Museum. Fonte: https://www.bbc.co.uk/news/technology-33772694.


Gli effetti di questa rivoluzione digitale sul settore culturale, in particolare quello museale, necessitano però di essere gestiti coerentemente con uno degli obiettivi fondamentali della cultura, quello di diffondere conoscenza e informare. Le nuove tecnologie e i nuovi strumenti digitali, in particolare le tecniche di gamification, necessitano di essere adattati al contesto: la gamification nei siti del patrimonio culturale, se adattata al contesto, può aprire nuove opportunità per quanto riguarda il cambiamento dell’educazione e della cultura attraverso il gioco, migliorando l’esperienza del visitatore e creando un’esperienza coinvolgente che consente di creare sintonia con la storia passata attraverso missioni e domande.

Il gaming nel patrimonio culturale consente quindi di vivere l’esperienza museale come quella di un videogioco, con la differenza che chi vive l’esperienza non muove più un avatar, seduto sulla poltrona di casa, ma si muove in uno spazio fisico reale, il museo, risolvendo missioni ed enigmi che man mano l’app propone, una volta superati i vari livelli. Dato che le missioni proposte nel gioco saranno sempre diverse, la visita al museo non sarà più occasionale, ma rappresenterà un momento di gioco e divertimento da vivere molto più frequentemente.

Vediamo, di seguito, alcuni esempi interessanti di gaming museale sviluppati in questi ultimi anni che possono fungere da modello ispirazionale.





Secret Seekers’ è uno dei mobile game del Victoria and Albert Museum di Londra, rilasciato con l’inaugurazione della mostra ‘Road Quarter’ nel giugno 2017. Il gioco incoraggia i giocatori ad esplorare la storia e gli edifici del V&A Museum e vede protagonisti otto personaggi della ricca storia del V&A Museum che guidano gli utenti in un’entusiasmante caccia al tesoro per scoprire alcuni dei segreti del museo e rivelano interessanti fatti storici e curiosità. Attraverso una serie di sfide basate su quiz, il gioco aiuta i bambini e le famiglie a scoprire fatti e caratteristiche poco noti della propria collezione. Il gioco offre quindi a famiglie e amici la possibilità di giocare con il museo stesso per completare sfide, raccogliere gemme e sbloccare risultati speciali.


Immagine promozionale ‘Secret Seekers’. Fonte: https://preloaded.com/work/va-secret-seekers/.






MicroRangers’ è un mobile game da giocare all’interno dell’American Museum of Natural History di New York, rilasciato nel 2014. Si tratta di un’app di realtà aumentata creata per essere utilizzata sul proprio dispositivo mobile da adulti e bambini insieme alle loro famiglie. I giocatori, dotati di app e di una moneta ‘Communicator’ gratuita, hanno il compito di girare tra le sale del museo per risolvere misteri e combattere le minacce alla biodiversità, imparando, allo stesso tempo, nuove informazioni. Nel gioco sono presenti nove ‘MicroCrises’ – scenari del mondo reale che coinvolgono microrganismi – da esplorare a partire dal primo piano del museo. La moneta fornita dal museo, una volta inquadrata tramite la fotocamera dello smartphone durante il gioco, farà apparire i personaggi aumentati – microbi e scienziati -, che mandano i giocatori in missione e lo aiutano lungo il percorso.


Immagine promozionale ‘MicroRangers’. Fonte: https://www.amnh.org/learn-teach/families/microrangers/.






Gen’ è il titolo del gioco online rilasciato nel 2016 dal National Museums Scotland in partnership con ‘Aardman’, che ne ha realizzato la grafica. Oltre ad essere un gioco di strategia dal ritmo incalzante, ‘Gen’ offre ai giocatori online di tutte le età la possibilità di conoscere gli oggetti biomedicali esposti nel museo: dagli stetoscopi in legno e alle prime macchine a raggi X, alle ultime tecnologie mediche all’avanguardia. Quando la piccola creatura si ammala, i giocatori devono selezionare l’oggetto giusto per diagnosticare la malattia o afflizione del Gen, trattarlo in modo appropriato e assicurarsi che l’organismo viva abbastanza a lungo da riprodursi attraverso quante più ‘generazioni’ possibili, ripristinandolo in piena salute. I giocatori raggiungono questi obiettivi attraverso tre serie di carte: ‘diagnosi’, ‘trattamento’ e ‘recupero’. Il gioco è online ed è disponibile per smartphone, tablet o computer desktop, senza la necessità di dover scaricarlo tramite app.


Schermata iniziale ‘Gen’. Fonte: https://www.nms.ac.uk/gen/index.html.

Schermata iniziale ‘Gen’. Fonte: https://www.nms.ac.uk/gen/index.html.






Father and Son’ è il primo videogame al mondo prodotto da un museo archeologico, il MANN di Napoli, che custodisce le straordinarie collezioni provenienti da Pompei ed Ercolano, la collezione Farnese e quella Egizia. Si tratta di un gioco narrativo in 2D a scorrimento laterale, disponibile in inglese e italiano gratuitamente senza pubblicità. Tutti i contenuti del gioco sono stati ideati e sviluppati insieme al direttore del MANN Paolo Giulierini e al professore Ludovico Solima, in collaborazione con il team di ‘TuoMuseo’. Tra le varie caratteristiche c’è la funzionalità del check-in, che consente di cucire una relazione tra il contenuto digitale del videogioco e lo spazio fisico del museo. Il sistema riconosce la presenza dei giocatori nel raggio di 20 metri dal MANN e sblocca nuovi abiti dei personaggi e una nuova location di gioco. In ‘Father and Son’ il giocatore è Michael, un giovane che si reca a Napoli dopo aver ricevuto una lettera da suo padre, che era stato un archeologo. Le indicazioni contenute nella lettera lo porteranno al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Esplorando le strade della città partenopea e le sale del museo, il giocatore incontra dieci diversi personaggi e si imbatte in storie che attraversano le epoche, ma che presentano costanti riferimenti alla vita attuale.


Immagine promozionale di ‘Father and Son’. Fonte: https://www.museoarcheologiconapoli.it/it/father-and-son-the-game/.

Immagine promozionale di ‘Father and Son’. Fonte: https://www.museoarcheologiconapoli.it/it/father-and-son-the-game/.


In conclusione, i musei possono disporre di numerose tipologie di tecnologie digitali per cercare di aumentare il numero di visitatori e coinvolgere nuove categorie di pubblico. Il mezzo tecnologico si rivela un supporto in grado di offrire numerose soluzioni di valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale, favorendo anche l’avvicinamento di nuove categorie di pubblico, a condizione che il loro utilizzo sia regolato da un progetto studiato attentamente. Il rischio al quale si andrebbe incontro, altrimenti, è quello di una spettacolarizzazione della cultura in un’ottica di solo intrattenimento.

L’applicazione della gamification all’intero dei luoghi culturali rappresenta una possibile soluzione per poter raggiungere nuovi pubblici, veicolare le informazioni e rendere maggiormente partecipativa e premiante l’esperienza di visita negli spazi museali, ma è necessario ricordare anche che essa rappresenta uno degli strumenti utili all’offerta museale, ma non l’unica alternativa possibile per cercare di coinvolgere il pubblico dei musei.

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