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Il Design Thinking per i musei: l’esperienza del Museo Popoli e Culture di Milano

Updated: Nov 15

Di Lucrezia Giusti


I piccoli musei hanno spesso il problema di budget altrettanto piccoli con i quali organizzare mostre ed eventi. In questo contesto il Design Thinking offre molti vantaggi, come vedremo osservando la recente esperienza di successo che ha visto come protagonista il Museo Popoli e Culture di Milano.


Il museo è nato nel 1910, grazie all'opera dei missionari, con il nome di “Museo etnografico indo-cinese” e da allora si dedica alla conoscenza delle culture extraeuropee e custodisce una composita collezione di beni che provengono dall'Asia, dall'Africa, all'Oceania e dall’America Latina.


Ha conosciuto diversi allestimenti, il più recente dei quali, inaugurato nel 2019, offre un ottimo mix di allestimenti multimediali interattivi e oggetti accuratamente selezionati. E' un museo piccolo ma prezioso, con uno spazio mostre temporanee ancora più piccolo.


Nell’ottobre 2023, la curatrice del museo, Paola Rampoldi, ha iniziato a lavorare su una nuova mostra temporanea dal titolo “Un altro paio di maniche”, dedicata alla moda sostenibile e al fast fashion.


Per realizzare il progetto in modo innovativo, il museo ha accettato la proposta di InvisibleStudio di coinvolgere gli studenti del Master of Arts in Event and Exhibition Design della Scuola Politecnica di Design di Milano che avrebbero dedicato il modulo di Design Thinking, condotto da Stefania Boiano e Giuliano Gaia, allo sviluppo di idee creative per la mostra.


L'immagine mostra un gruppo di giovani seduti a terra o su sgabelli in un un museo. Gli studenti sono immersi in un'attività di gruppo, con libri, quaderni e fogli sparsi intorno a loro. Diverse persone prendono appunti o leggono con concentrazione. Davanti a loro ci sono numerosi post-it colorati, ordinati in sezioni o raggruppamenti, che suggeriscono un'attività di brainstorming o di pianificazione collaborativa. Sullo sfondo, ci sono pannelli informativi con immagini vivide che illustrano scene di vita quotidiana e testi descrittivi che sono parte di una mostra culturale. L'atmosfera appare intima e produttiva, con un senso di collaborazione e riflessione.
Gli studenti della Scuola Politecnica di Design al lavoro nel museo

Le informazioni di partenza erano chiare: il budget a disposizione era ridotto e gli spazi espositivi erano così piccoli da richiedere una mirata selezione delle informazioni e degli elementi materiali da sottoporre all’attenzione dei visitatori.


Tramite l’esperienza degli studenti, che hanno accolto subito con entusiasmo la sfida, è stato interessante ripercorrere tutte e cinque le fasi processuali del metodo con le quali si sono cimentati dapprima in aula e in seguito direttamente nel museo.


L'immagine mostra un gruppo di persone in un'aula luminosa, impegnate in un'attività creativa o di prototipazione. Al centro, due donne sorridono mentre tengono in alto una struttura fatta di carta bianca sagomata a forma di maglietta, appesa a una corda legata con strisce di tessuto rosso. Su alcune delle sagome di carta ci sono loghi di famosi marchi di moda come H&M, Mango, Primark, Levi's e Auchan. I tavoli intorno a loro sono ricoperti di materiali da lavoro come tessuti rossi, forbici, scotch, e bottiglie d'acqua. L'atmosfera sembra vivace e divertente, con un'energia di collaborazione e creatività.
Studenti SPD al lavoro nella scuola.

Nelle fasi di Empatia e Definizione, i team si sono occupati di analizzare l’ambiente della moda e le loro percezioni a riguardo, acquisendo informazioni utili e utilizzando alcuni membri del gruppo per rappresentare gli utenti estremi da tenere in considerazione (ovvero con approcci e modi di pensare opposti e “radicali” rispetto al tema preso in indagine”).


Il confronto mirato e guidato, ha permesso di identificare i bisogni degli utenti a cui rispondere e l’approccio esecutivo da portare avanti in ciascun team di lavoro, che tramite brainstorming ha definito le sue mosse successive e la propria idea di progetto definitivo “problem to project” (fase di Ideazione).


Nella fase di Prototipazione, è stato possibile realizzare una serie di modellini dei progetti espositivi, utilizzando materiali cartacei o simili, per favorire la creatività e la cooperazione.


L'immagine mostra due persone sedute a un tavolo mentre lavorano su un progetto artistico o di prototipazione. In primo piano, c'è un modello tridimensionale di una stanza realizzato con cartone. La stanza include diversi dettagli decorativi, come pareti colorate con ritagli di carta, un quadro incorniciato con elementi rossi e fili bianchi attorcigliati al centro della stanza. C'è anche una corda con piccole sagome di magliette bianche appese, simili a quelle dell'immagine precedente. Una persona sulla sinistra è intenta a maneggiare materiali con precisione, mentre l'altra, sulla destra, indossa una camicia blu e sembra impegnata in un'attività di assemblaggio con colla e forbici. Sul tavolo si vedono altri materiali come spago, nastro adesivo, e attrezzi da lavoro. L'atmosfera è creativa e concentrata.
Uno dei modellini della mostra

La fase di Testing ha previsto che i vari gruppi realizzassero fisicamente dei prototipi definitivi dei loro progetti in scala 1:1 e che li posizionassero all’interno del museo. Gli studenti hanno dunque presentato i progetti, chiedendo a ciascuno di sperimentare in prima persona i percorsi immaginati.


Le proposte sono state di diverso genere e gli studenti hanno ipotizzato di implementare la visita tramite l’impiego di elementi differenti, come pannelli audiovisivi, l’esposizione di abbigliamento second-hand , apporti olfattivi e uditivi, pannelli con questionari per i visitatori riguardo alle loro abitudini di acquisto e anche vere e proprie “installazioni artistiche” come soluzioni di allestimento degli spazi.


L'immagine mostra un gruppo di persone che partecipano a un'attività sensoriale o di gioco. Al centro, una donna con capelli grigi e un foulard rosso che le copre gli occhi sembra bendata, mentre una persona accanto a lei le porge un oggetto giallo, simile a una tazza. Altri partecipanti osservano e registrano l'attività utilizzando i loro telefoni cellulari. Sullo sfondo ci sono scaffali con libri e oggetti, oltre a un pannello informativo, che suggeriscono che l'evento si stia svolgendo in uno spazio culturale. L'atmosfera sembra essere divertente e coinvolgente, con i partecipanti curiosi e sorridenti.
La curatrice testa una delle proposte

Rispetto ai risultati conclusivi, la curatrice ha fornito ad ogni gruppo le sue considerazioni, creando uno spazio di crescita e confronto su come migliorare le proposte e ascoltando le ragioni degli studenti e il perché delle loro scelte curatoriali. Il rapporto triangolare instauratosi fra gli studenti, la curatrice del museo e i docenti di InvisibleStudio, ha dato vita ad un circolo progettuale dinamico e funzionale, che ha sortito risultati utili per l’esposizione temporanea del museo. La mostra, inaugurata il 2 marzo 2024, ha infatti integrato nel percorso alcuni progetti realizzati a partire dalle proposte degli studenti.


Ecco le parole di due studentesse polacche coinvolte nel percorso, Klara Czopik e Natalia Kawa, che hanno espresso opinioni più che positive sul lavoro svolto al museo.


Klara CzopiK: “Credo che la cosa più entusiasmante di questo metodo sia che qualsiasi idea, anche quella che potrebbe sembrare folle, non solo merita di essere condivisa, ma ha buone probabilità di poter condurre a un prototipo valido e concreto”.


Natalia Kawa: “Penso che in generale sia stato un progetto che ha funzionato dall’inizio alla fine e il Design Thinking ne è stato un aspetto fondamentale. Tutto il processo ci ha fatto pensare che le nostre idee contavano, sia durante la progettazione che nella fase di confronto con il museo e noi a nostra volta ci siamo presi cura delle possibili opinioni e necessità dei visitatori. E’ stato bellissimo, spero possa essere solo un punto di partenza”.



A sinistra il prototipo e a destra il risultato finale esposto in mostra


Anche il riscontro della curatrice del Museo Popoli e Culture, Paola Rampoldi, si è dimostrato ottimale e a giudizio dell’intero progetto le sue parole sono state decisamente positive: “Volevamo un risultato coinvolgente e interattivo e volevamo capire come un gruppo di ragazzi potesse percepire l’argomento della moda sostenibile. Dato che il Design Thinking presuppone un obiettivo specifico, ne abbiamo identificato uno: aiutare i visitatori a riflettere sul tema attraverso l’interazione. La qualità mi ha colpita, il riscontro è stato decisamente positivo. Forse posso dire che alcune soluzioni che hanno trovato andavano nella stessa direzione di alcune ipotesi che già io come curatrice avevo immaginato. E’ stato interessante vedere che avevamo avuto intuizioni simili su come affrontare l’argomento”.


Il Design Thinking risulta quindi uno strumento interessante sia di creazione di nuove idee che di validazione di quelle esistenti, e soprattutto crea un ambiente fortemente collaborativo tra tutti i componenti dello staff.

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