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C’era una volta il museo: lo storytelling nel progetto Chess

I più importanti musei oggi rispondono alla sfida del mercato aggiornando e adattando l’offerta culturale ai loro ospiti, personalizzandone l’esperienza tramite la digitalizzazione delle loro mostre. Ed ecco apparire le app da installare nei propri device che ci guidano durante l’esplorazione.

A molti potrà sembrare un semplice aggiornamento agli standard di vita a cui siamo abituati ormai. C’è un’ app per qualsiasi cosa, quindi perché non dovrebbero essercene anche sui musei?

Non è semplicemente questo. Certo è che l’uso di nuove tecnologie messe a disposizione durante una mostra, aiuta non poco a svecchiare l’immagine che spesso vuole i musei un luogo statico e un po’ polveroso, in cui entrare in punta di piedi e preferibilmente già informati su ciò che si andrà a vedere.

Quello che spesso sfugge è che ciò che realmente rende le nostre esperienze culturali e ludiche interessanti è lo storytelling che sta dietro a queste attività. L’ascoltare una storia, riuscire a sentirci partecipi di essa, ci rende meno spettatori e più protagonisti rendendoci sensibili e capaci di emozionarci.

Ed è proprio sulla narrazione che i musei puntano. Lo sanno bene i più piccoli. Sempre più spesso i musei si rivolgono alle nuovissime generazioni per far comprendere e semplificare il processo di narrazione del museo, traducendo il messaggio culturale senza per questo impoverirlo nei contenuti.

La realtà aumentata si presta benissimo a questo processo narrativo, arricchendo la percezione sensoriale degli ospiti del museo grazie ai loro tablet o smartphone.


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Valutazione del software con un gruppo scolastico alla Citè de l’espace


Il progetto Chess si occupa proprio di questo.

Acronimo di Cultural Heritage Experiences through Socio-personal interactions and Storytelling (si, si fa prima a dire Chess), è co-finanziato dalla Commissione Europea, e mira a integrare la ricerca interdisciplinare delle scienze museografiche con nuove metodologie narrative digitali.

Il progetto si basa sulla profilazione dei visitatori. Più si usa l’app e più il database cresce.La si scarica all’ingresso del museo (o da casa), si completa il proprio profilo con i propri gusti tramite un piccolo questionario. In questo modo il sistema ci abbinerà ad un visitatore immaginario, che coincida il più possibile con noi, e ci personalizzi con commenti, note vocali le informazioni all’interno del museo, offrendoci un percorso del tutto personale.

Il risultato è un percorso non lineare, ma sopratutto sempre diverso, perché il sistema continuerà a seguirci e ad aggiornarsi. Noterà che ci soffermiamo più in alcuni punti o su alcuni giochi, e ci inviterà ad una stanza Y anziché ad una X che aveva pianificato in un primo momento. I creatori di contenuti del museo come gli storici.

Questo sistema è già funzionante all’ Acropolis Museum ad Atene e a Toulouse alla Cité de l’Espace ed è in continuo studio. Le premesse e le promesse ci sono tutte. Il progetto Chess punta a commercializzare il suo software e spera che ciò costituisca un passo importante nell’attuazione dell’agenda digitale per l’Europa.

“Il futuro è nella rinascita digitale nei musei” conferma Yannis Ioannidis, professore all’università di Atene e membro del progetto Chess, “rendendo il nostro passato culturale interessante, coinvolgente e rilevante per il visitatore del futuro.”

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