Di Giada Patano
Una delle sale del museo M9 di Mestre
Al giorno d’oggi, in modo sempre più evidente, i dispositivi tecnologici e le piattaforme per la comunicazione online sono diventati fondamentali per la valorizzazione del patrimonio culturale. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, le tecnologie digitali hanno assunto un ruolo di spicco all’interno di numerose istituzioni e musei. Tuttavia, sono consistenti anche i limiti e i rischi che queste novità comportano.
Un intervento di Giuliano Gaia di InvisibleStudio sui rischi della tecnologia al museo (Video creato per il Museo della Bora Pop-Up durante Science in the City 2020 a Trieste)
Tra le istituzioni che hanno tentato un’operazione coraggiosa utilizzando le tecnologie come fondamento c’è l’M9 di Mestre (Venezia), il primo museo interattivo sul Novecento italiano.
Uno degli ambienti del Museo M9
Nasce insieme al Distretto M9, un progetto realizzato grazie ad un investimento di 110 milioni di euro da parte della Fondazione di Venezia, e viene inaugurato nel dicembre 2018. Lo spazio museale ideato dallo studio Sauerbruch-Hutton ospita una collezione permanente visitabile senza un percorso predefinito, oltre ad un’area adibita alle mostre temporanee. All’interno, le ICT (Information and Communication Technologies) danno vita ad ambienti immersivi e interattivi sviluppati attraverso l’enorme presenza di materiali e contenuti in formato digitale. Qui la passività della visita lascia il posto ad una fruizione attiva e vivace, incentrata sul principio museologico dell’edutainment (education plus entertainment). Tuttavia, analizzando i risultati di M9 durante il suo primo anno di attività (2018-2019) è possibile notare un bilancio alquanto sfavorevole: nonostante i feedback lasciati dal 90-95% dei visitatori siano positivi, le presenze sono state solo 60 mila (le attese iniziali ne prevedevano almeno 200 mila). Inoltre, è stata registrata una netta contrazione dei ricavi rispetto alle previsioni formulate nei business plan del progetto: l’esercizio ha chiuso con un risultato negativo di circa 7 milioni di euro. Tra le maggiori criticità riscontrate in M9 c’è il limite dato dalle tecnologie: il fattore dell’obsolescenza non è trascurabile in un museo interattivo, così come i costi operativi elevati per mantenerlo nel tempo
Realtà Virtuale al Museo M9
Anche le 2-3 ore consigliate per visitare gli spazi museali limitano l’interesse dei visitatori, soprattutto di coloro che preferiscono visitare la Venezia lagunare. Oltre alla difficoltà di intercettare i flussi turistici della città storica, l’istituzione non è stata in grado di coinvolgere in modo adeguato nemmeno la cittadinanza, che spesso, purtroppo, si dimostra poco informato sulle iniziative proposte dal Distretto. Anche la locazione parziale ed incompleta degli spazi commerciali che dovevano circondare il museo sottolinea come le aperture di negozi ed esercizi non siano andate di pari passo con gli interessi della comunità. A queste problematiche si è sommata, a partire dal 2020, l’emergenza Covid. Al momento non c’è alcuna notizia riguardo una possibile riapertura vera e propria del Museo del Novecento, che risulta chiuso fino a data da destinarsi.
Per raggiungere l’equilibrio economico-finanziario, le proposte di rilancio operate dalla Fondazione di Venezia e altre istituzioni sono varie: semplificare i processi di governance/amministrazione; ragionare su un sistema integrato tra realtà museali; creare una maggiore connessione con la comunità locale, oltre ad aumentare la visibilità del Museo verso il contesto turistico; mantenere protagonista l’educazione, come sta accadendo anche durante il periodo di chiusura temporanea del Museo. Tra le decisioni più sofferte per migliorare la condizione finanziaria della Fondazione c’è la messa in vendita della Casa Dei Tre Oci a Venezia, importante sede storica e culturale della città. Ad oggi la situazione di M9 si trova in stallo, ma la speranza è che questi progetti di ripresa vengano tenuti in considerazione anche quando sarà possibile una riapertura del museo.
Per saperne di più puoi consultare la tesi di Giada Patano sul caso M9:
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