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La personalizzazione nei musei online

Analisi dei siti che si adattano ai visitatori

Di Silvia Filippini Fantoni.

Negli ultimi anni, il numero di visitatori dei siti web museali sta rapidamente crescendo. Di conseguenza, i musei devono cercare di creare siti internet che prendano in considerazione i diversi bisogni, interessi e aspettative dei loro eterogenei visitatori. Una delle possibili soluzioni a questo problema è l’utilizzazione delle tecniche di personalizzazione che, fornendo informazioni e servizi differenziati a seconda del profilo dell’utente, rendono le applicazioni più facili e utili a fini educativi e promozionali.

Sviluppati nella prima metà degli anni 90 nel tentativo di rispondere ai diversi bisogni e caratteristiche di un numero sempre più crescente di navigatori internet, i sistemi adattivi o personalizzati sono stati da allora sfruttati in diversi settori tra cui commercio, turismo, educazione, finanza, medicina e cultura. Ciò che distingue questi sistemi dall’Internet “statico” tradizionale è la creazione di un modello di utilizzatore (“user model”) che rappresenta le caratteristiche dell’utente, sfruttandole nella creazione di contenuti, di navigazione e di presentazione che si adattino alle caratteristiche dei diversi individui. Così facendo la personalizzazione diventa uno strumento utile nella selezione e nel filtraggio di informazioni per l’utente, facilitandone l’esplorazione, aumentando la velocità di accesso e soprattutto la possibilità che la ricerca vada a buon fine.

Aldilà di questi obbiettivi comuni, esiste una certa differenza nel modo in cui la personalizzazione può essere ottenuta. La principale differenza è quella tra “personalization” e “customisation” tra adattabilità e adattività. La “customisation” o adattabilità si ottiene quando l’utente ha la possibilità di creare o configurare un profilo o un’interfaccia manualmente. Una volta definiti i parametri, il sistema è conseguentemente in grado di adattare contenuti e/o presentazioni. Al contrario, con la “personalization” o l’adattività, l’utente ha meno controllo sul processo di adattamento. In questo caso infatti è il sistema che rileva il comportamento dell’utente e reagisce secondo un insieme di regole stabilite a priori dai programmatori.

Gli sforzi descritti in questo contesto, sono iniziative portate a termine o ancora in corso che mostrano l’esistenza di una coscienza, da parte dei musei, della necessità dello sfruttamento delle tecniche di personalizzazione.Per ulteriori informazioni sull’argomento, consultarel’articolo di J. Bowen e S. Filippini-Fantoni  Anche se la maggior parte degli esempi di applicazione delle tecniche di personalizzazione in ambito museale sono ancora in fase di sviluppo (es. Musée du Louvre, etc.), ci sono già alcuni tentativi in essere che varrebbe la pena citare.

Uno dei primi esempi di implementazione dei principi di personalizzazione nei musei, è tuttora disponibile sul sito del Museo del Marmo di Carrara che, nonostante risulti ormai piuttosto datato e presenti alcuni problemi di navigazione e design, offre un interessante caso di applicazione di adattività e di adattabilità. Il sistema virtuale di accesso alle collezioni è dotato infatti non solo di una guida virtuale che accompagna il visitatore e che automaticamente adatta i contenuti relativi alla descrizione delle opere tenendo in considerazione la navigazione dell’utente (opere già viste, artisti già visitati, etc.), ma anche di un profilo da personalizzare che permette all’utente di definire manualmente i criteri di accesso alla collezione virtuale.

Un altro esempio interessante è offerto dal Museo Virtuale del Canada che, già da alcuni anni, permette ai suoi visitatori di creare un proprio museo personale a partire dalle immagini digitali della collezione online. Progetti simili, con varianti più o meno elaborate che permettono di inviare ad amici e conoscenti la propria galleria personalizzata, sono disponibili anche sui siti web del Metropolitan Museum di New York, delNational Museum of Wildlife Art e del Seattle Art Museum.

Un simile principio è sfruttato anche da altri siti web di musei che offrono ai visitatori virtuali la possibilità di creare spazi personali all’interno del sito che possono essere personalizzati secondo le specifiche necessità dell’utente. L’esempio più interessante è forse quello di Ingenious un sito di accesso alle collezioni digitali del Museo della Scienza di Londra, del Museo Nazionale della Ferrovia e del Museo Nazionale della Fotografia, Film e Televisione dove i visitatori possono, tra l’altro, creare uno spazio personale (CREATE) in cui, una volta registratisi, possono salvare immagini, links, materiale e risultati di ricerche precedentemente effettuati, mandare cartoline virtuali, e creare mostre personalizzate a partire dalle immagini della collezione digitale. Questi spazi personalizzati possono anche includere informazioni riguardanti la visita dell’utente al museo. E’ il caso, per esempio, dei sistemi Visite Plus e In touch disponibili rispettivamente alla Città della Scienza di Parigi , e al Museo della Scienza di Londra che, anche se con modalità diverse, permettono di salvare i risultati dell’interazione dei visitatori con i diversi chioschi interattivi presenti in alcune sezione del museo su una pagina personale accessibile dal sito web grazie ad un codice di identificazione (numero del biglietto o password stabilita dall’utente al momento della visita).

Oltre ad offrire interessanti possibilità on line per i musei, le tecniche di personalizzazione possono anche trovare applicazione in situ, come nel caso delle guide audio. Tuttavia, a causa della maggiore complessità implicita nello sviluppo di questi sistemi (soprattutto di quelli adattivi), solo prototipi sono stati finora sviluppati. E’ il caso, per esempio, di progetti come HYPERAUDIO, HIPS, Museum Wearable, Electronic Guidebook che sfruttano i principi dell’adattività o dell’adattabilità per fornire ai visitatori informazioni sulle opere in grado di prendere in considerazione gli interessi dell’utente, il suo livello di preparazione e di educazione, il suo percorso nel museo e/o i tempi di permanenza di fronte agli oggetti esposti (S. Filippini-Fantoni, 2003).

Come mostrano gli esempi precedentemente citati, alcuni musei in Italia e nel mondo hanno cominciato a sperimentare le tecniche di personalizzazione. Ciononostante si sa ancora molto poco sulla loro reale efficacia. Ulteriori studi saranno quindi necessari per definire con maggiore chiarezza il loro potenziale di sfruttamento nel mondo dei musei, cercando di capire quali tipi di applicazioni e quali tecniche potranno portare ad un effettivo miglioramento del sistema di comunicazione con i visitatori.

Per ulteriori informazioni, contattare Silvia Filippini Fantoni al seguente indirizzo e-mail: Silvia.Filippini-Fantoni@malix.univ-paris1.fr

Bibliografia di riferimento

Bowen, J. P. and Filippini-Fantoni, S. (2004). Personalization and the Web from a Museum Perspective. In D. Bearman and J. Trant (eds.), Museums and the Web 2004: Selected Papers from an International Conference, Arlington, Virginia, USA, 31 March – 3 April, pages 63–78. Archives & Museum Informatics.

Filippini-Fantoni, S. (2003a). Museums with a personal touch. In J. Hemsley, V. Cappellini & G.Stanke (Eds.), EVA 2003 London Conference Proceedings, University College London, UK, 22–26 July, pages s25:1-10.

Filippini-Fantoni, S. (2003b). Personalization through IT in museums. ICHIM 03: Internationa Cultural Heritage Informatics Meeting, L’École du Louvre, Paris, France, 8-12 September.

Filippini-Fantoni, S. & J. P. Bowen (2004). Online: Personalization and customization in museum websites and IT. New Heritage, 01.04, February.

giugno 2005

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