Di Giuliano Gaia, InvisibleStudio - Università IULM
Lo sentiamo ripetere ogni giorno: i dati sono l'oro del XXI secolo, i dati sono la chiave per capire il nostro pubblico, i dati devono orientare scelte e decisioni. Da questo martellamento è nata una spontanea una domanda: i musei italiani raccolgono i dati sul loro pubblico? E se sì, come li usano? Dato l'argomento, non potevamo che provare a rispondere in un solo modo: raccogliendo dati.
Abbiamo quindi realizzato un breve questionario online, con il quale abbiamo raccolto risposte da 60 musei italiani, di ogni dimensione, tipologia e regione italiana. Vi condividiamo i risultati di questa prima, rapida indagine che ci fornisce già dei risultati interessanti.
La prima domanda che abbiamo posto ai musei partecipanti è: "Che dati raccogliete?". Come si vede dal grafico qui sopra, quasi tutti i musei contano i visitatori reali del museo. Un altro dato raccolto dalla maggior parte dei musei è il numero di fan della pagina Facebook; questo probabilmente avviene perché la maggior parte dei musei ha una propria pagina Facebook, e per la facilità con cui questo dato è disponibile. Oltre la metà del campione monitora anche le visite sul sito web e le interazioni col profilo Instagram. Gli altri dati sono decrescenti, ma nell'insieme abbiamo avuto una sorpresa abbastanza positiva: i musei italiani intervistati raccolgono una quantità di dati abbastanza ampia e variegata sul proprio pubblico, digitale e non. Non solo, qualcuno raccoglie anche dati che non avevamo previsto, come il proprio posizionamento nelle ricerche su Google o la soddisfazione dello staff.
La situazione invece cambia quando si parla di come i musei utilizzano i dati che raccolgono per orientare le proprie strategie. In questo caso infatti, come ci ha spiritosamente scritto un museo archeologico che ha partecipato all'indagine, "siamo ancora all'età della pietra". L'unico dato che i musei utilizzano nella quasi totalità dei casi è infatti il conteggio dei visitatori reali (90% dei casi); meno della metà tiene conto anche della nazionalità di questi visitatori reali e delle interazioni con la pagina Facebook, mentre le statistiche di sito web e Instagram vengono valutate solo in un terzo dei casi; tutti gli altri dati sono quasi ignorati.
E' interessante notare che anche un dato sulle modalità di visita interne al museo, vale a dire l'utilizzo delle audioguide e delle app di visita, viene raccolto dal 20% dei musei ma poi utilizzato strategicamente solo dal 5%, anche se potrebbe contenere dati molto interessanti sui flussi e sugli interessi dei visitatori una volta all'interno del museo. Anche le recensioni su TripAdvisor, molto utili come dato qualitativo sulla soddisfazione del pubblico, vengono utilizzate per orientare le proprie decisioni da meno di un museo su 5.
Perché accade questo? Per avere una risposta certa, bisognerebbe accompagnare questa prima indagine ad un focus group. Sicuramente non è legato alle dimensioni del museo; abbiamo registrato musei grandi (più di 20 collaboratori fissi esclusi guide e custodi) che non utilizzano quasi nessun dato, mentre alcuni musei piccoli e medi (e soprattutto le reti di musei) sono attenti nell'utilizzare molti dei dati a loro disposizione.
Un indizio ce lo potrebbero dare le osservazioni libere dei musei che abbiamo raccolto. Una delle più significative dice "La nostra esperienza é che in alcuni musei, il maggior problema é la mancanza delle risorse umane: magari c'é chi pianifica e organizza un'indagine, ma non c'é chi riesce ad analizzare o ad analizzare in tempo adeguato per reagire. Per la digitalizzazione di alcuni dati, sopratutto quelli qualitativi, che vengono raccolti offline, noi spesso usiamo i volontari.".
Se questi primi dati venissero confermati da un'indagine più ampia (e ci dichiariamo disponibili fin da subito, come Musei-it, a collaborare con chi volesse approfondire questa tematica), allora il problema diventerebbe: perchè i musei non usano i dati che raccolgono? E' un problema dei dati stessi (non adeguati, non disponibili, non leggibili?), di chi li dovrebbe usare (i decisori museali, magari poco a loro agio con le analitiche), o dei veri obiettivi del museo, che potrebbero nella realtà essere sganciati da una valutazione numerica dei risultati?
A chi ci legge l'ardua sentenza! Se volete, potete dire la vostra commentando qui sotto, saremmo felici di sapere cosa ne pensate sulla base della vostra esperienza.
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