Perché la sostenibilità ambientale nelle mostre?
Se uno sviluppo sostenibile soddisfa le esigenze del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le loro, allora le attuali condizioni di sviluppo del pianeta non sono sostenibili, soprattutto dal punto di vista ambientale.
Ma cosa possono fare i musei? In primis, in quanto luoghi di cultura, possono favorire riflessioni sul nostro rapporto col pianeta, e in alcuni casi incentivare comportamenti più ecosostenibili. In secondo luogo, a fronte del loro impatto ambientale considerevole, possono ridurre le proprie emissioni di gas serra. Sotto entrambi questi punti di vista, le mostre temporanee possono giocare un ruolo chiave.
Infatti, essendo un principale strumento di comunicazione col pubblico, le esposizioni possono ispirare un cambiamento verso comportamenti più sostenibili. Le mostre green theme assumono questa funzione attraverso l’esplorazione di tematiche legate alla sostenibilità ambientale.
Le mostre green design, invece, intervengono sulle varie fasi del ciclo di vita dell’evento per minimizzarne le emissioni di gas serra. Infatti, l’elevato numero di mostre prodotte, nonché il loro formato temporaneo e la grande quantità di risorse impiegate – spesso usa e getta o trattate come tali – determinano un elevato impatto ambientale, potenzialmente riducibile.
Ripensare le mostre secondo una logica green design è essenziale affinché i musei possano diventare promotori di sostenibilità – come indicato nella definizione ICOM 2022 di museo – e perché possano legittimamente produrre mostre green theme.
Come produrre una mostra green design?
Per ogni macro e micro-processo di un’esposizione temporanea, bisogna riflettere sulle variabili che possono influenzarne l’impatto ambientale lungo il suo intero ciclo di vita e scegliere quelle opzioni che lo riducono. Si tratta talvolta di decisioni ampie, alla base del progetto di mostra, come “quali opere includere?”. In altri casi, si tratta di decisioni più circoscritte e spesso molto tecniche, “quali vernici utilizzare per pitturare gli allestimenti?”.
Più di 80 variabili sono state identificate in un documento (scaricabile liberamente qui) con vocazione a facilitare le decisioni degli operatori museali nel produrre mostre d’arte green design. Le aree a maggiore impatto identificate sono: il progetto scientifico, le strutture d’allestimento, il consumo energetico, il trasporto delle opere e il trasporto dei visitatori.
Ma includere solo opere disponibili localmente rende una mostra green design? No. E usare solo vernici biodegradabili a base d’acqua? Nemmeno. Una mostra green design integra la sostenibilità ambientale ad un livello più profondo. Ciò significa:
Abbracciare ed esplicitare una cultura organizzativa di sostenibilità ambientale;
Rivedere le proprie priorità, senza fare della sostenibilità l’unico criterio di scelta, ma quantomeno prendendola in considerazioni per ogni decisione;
Implementare nuove regole, perché sostenibilità significa anche rispettare i limiti del nostro pianeta e quindi imporsi dei limiti;
Attivare processi a lungo termine di misurazione, di pianificazione, di coordinamento dei numerosi attori coinvolti e di ripensamento di cosa vuol dire produrre una mostra.
A che punto siamo in Italia?
I musei italiani, sull’onda di una consapevolezza emersa prima a livello internazionale, sono sempre più sensibili al tema della sostenibilità ambientale nelle mostre temporanee. Non solo le occasioni di dibattito su questi temi si diffondono, ma sempre più istituzioni optano per opzioni più eco-sostenibili. Tra le pratiche adottate, troviamo il riutilizzo di elementi allestitivi, il passaggio all’illuminazione LED e il maggior ricorso ai groupage per la spedizione delle opere.
Buone pratiche esistono, tuttavia la maggior parte delle misure adottate dai musei italiani si rivelano azioni isolate, spesso improvvisate secondo modalità fai-da-te. La sostenibilità ambientale in Italia non è integrata in modo sistematico e programmato né nell'interezza del progetto espositivo, né nei vari strati dell’istituzione museale.
Cosa deve cambiare?
Per permettere il passaggio da un approccio al tema limitato e frammentato ad uno ampio ed integrato all'intero progetto espositivo e all’istituzione museale, bisogna affrontare quegli ostacoli che bloccano il panorama italiano. Ogni museo ha un margine d’azione più o meno ampio su ognuno di essi:
Scarsa dedizione alla tematica: i musei possono pianificare il loro impatto ambientale, facendo ricorso agli esperti in materia e alle numerose risorse ad accesso libero online.
Isolamento nell’impegno: al centro di una rete di attori che concorrono alla realizzazione dell’evento finale, i musei possono assumere un ruolo attivo di mediazione e negoziazione sui temi della sostenibilità nelle discussioni con i loro prestatori, progettisti, fornitori ed altri interlocutori.
Ostacoli burocratici: le occasioni di dialogo con le istituzioni possono essere sfruttate dai musei per far emergere le barriere alla sostenibilità. Allo stesso tempo, le norme virtuose esistenti, come i CAM per gli eventi culturali, possono essere valorizzate e finalmente applicate.
Costi: i budget dei musei possono essere ripensati in termini di costo ambientale, anche stabilendo carbon budget specifici per ogni esposizione.
Business model: i musei possono rallentare i ritmi delle loro mostre, creando così le condizioni per progetti di ricerca più approfonditi e per programmi pubblici e collaborazioni più duraturi e radicati. Possono anche riflettere sulla coordinazione degli eventi tra istituzioni, aprendo così possibilità di disseminazione dei contenuti, nonché di connessione con diversi contesti locali.
Se è vero che per abbattere definitivamente questi ostacoli è necessaria e complementare l’azione dei più ampi sistemi pubblici e privati a cui i musei appartengono, la scusa di avere “le mani legate” non è più difendibile. È a partire dall’istituzione museale che si possono re-immaginare le mostre secondo logiche più eco-sostenibili e dunque più allineate con la definizione stessa di museo.
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