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Dal Duomo alla Tate

Italiani all'estero: un'altra storia da Londra.

Shaula Zanchi, 25 anni, è stata tra le progettiste del nuovo sito del Duomo di Milano. Da un anno si è trasferita a Londra, e dopo aver perfezionato l’inglese in una bakery ha trovato lavoro presso la Tate Modern. Ecco la sua storia:

Come è nata in te la passione dei musei? E cosa hai fatto per assecondarla?

La mia passione per i musei è nata una giornata di tanti anni fa. Avevo circa 10 anni. I miei genitori prima di portarmi a Euro Disney hanno costretto me e mia sorella a far tappa in un posto chiamato Cité des Sciences de Paris la Villette. Oggi ovviamente molto conosciuto. Sinceramente credevo di essere arrivata nel magico mondo Disney. Io e mia sorella ci siamo divertite davvero tantissimo solamente usando un fax. A parte questo episodio, il merito, o se vogliamo la colpa, della mia passione nasce proprio da quella dei miei genitori. L’iscrizione al Liceo Artistico di Bergamo è stata una scelta molto sofferta. Dopo due anni piuttosto incerti ho ingranato la marcia e mi sono diplomata con 91/100. Anche la scelta dell’università non è stata facile. Chi consigliava restauro e chi relazioni pubbliche. Alla fine ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Comunicazione e al corso di laurea in Scienze turistiche: management, culture e territorio (108/110). Ed infine la specialistica, mia vera grande soddisfazione, in Strategie, gestione e comunicazione dei beni e degli eventi culturali (110/110 con Lode).

Raccontaci come è nato il progetto del Duomo di Milano, e soprattutto come avete fatto a raccogliere gli sponsor.

Il progetto del sito del Duomo è nato da un incontro tra la Italia Nostra, la Fabbrica del Duomo e la professoressa Angela Besana (IULM). È stata proprio la dottoressa Besana a consigliarmi di sviluppare come argomento di tesi una proposta per il nuovo sito della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Il progetto, molto ambizioso, ha coinvolto anche altre due mie colleghe, Marta Ceron e Valentina Molinari. Tutti gli esami del secondo anno ci hanno aiutato nella realizzazione del progetto. La Veneranda Fabbrica del Duomo ha sostenuto più del 60% dei costi e il restante 40% é derivato da finanziamenti della Regione Lombardia, dell’Eni Tecnologie (che già collaborava con la VFD) e della società che si è occupata della realizzazione del sito, BAAKO lab.

Un pregio e un difetto del sito del Duomo di Milano secondo te

Il difetto maggiore è la versione inglese. Le traduzioni sono sommarie e assolutamente poco professionali. I refusi non si contano. Pregi ce ne sono diversi. Le cose di cui vado più fiera sono la sezione ragazzi e la grafica.

A un certo punto hai deciso di partire per Londra. Perchè?

La Veneranda Fabbrica rischiava di essere il mio primo e ultimo posto di lavoro. Mi sono trovata bene, ma sinceramente non posso dire che fosse un ambiente dinamico e stimolante. Il mio inglese vacillava e avevo fatto esperienze all’estero solo per pochi mesi. Camminare da soli è necessario per crescere. Londra ha sempre avuto su di me un fascino particolare. Per molti anni ci siamo venuti in vacanza. Inoltre, per il mio diciottesimo compleanno il regalo dei miei genitori è stata l’iscrizione ad una scuola d’inglese e il soggiorno nella capitale per un mese. In ambito museale trovo Londra la realtà più dinamica del momento. Per tutti questi motivi ho deciso di trasferirmi.

Come è stato l’impatto con la metropoli?

A Londra puoi fare una vita di quartiere o puoi essere nel centro del mondo. Basta volerlo e si può fare tutto. Ogni giorno s’incontra e qualche volta ci si scontra con culture completamente differenti. Continui stimoli. La competizione è molto forte e beato chi crede che questo sia il paese dei balocchi. Lavori e posizioni importanti non sono distribuite agli angoli delle strade e soprattutto chi si trasferisce lascia una rete di relazioni che la maggior parte delle volte sono fondamentali per sbocchi futuri.

Come sei arrivata alla Tate Modern?

Alla Tate Modern ci sono arrivata per puro caso. E vorrei sottolineare che il mio ruolo è assolutamente marginale. Lavoro alla Tate ma non lavoro per la Tate. Lavoro per un’agenzia che fornisce personale in caso di necessità (cosa abbastanza ordinaria se si considera che tutte le mostre che ci sono vengono coperte con personale non Tate). Da Ottobre ho cominciato a lavorare per la Unilever series. Sono “una dello slides team”. Per adesso sono una Gallery Assistant, ma è solo l’inizio. Londra certo è una gran bella città, ma qui come in tutto il resto del mondo nessuno regala niente.

Com’è la Tate vista dall’interno?

La Tate vista dall’interno è il posto in cui vorrei lavorare. Dinamico, divertente, interessante, ricco di stimoli e di nuove idee. Una delle cose che più mi hanno colpito e affascinato è il rispetto che tutti quelli che ci lavorano portano per gli altri. Manager, supervisor, duty manager, cleaners ecc. ti fanno sentire apprezzato, benché come ho già detto il mio ruolo non sia di massima importanza. Ogni occasione è buona per ringraziarci per il nostro lavoro e per il nostro impegno. Un “grazie” che ti spinge a dare il meglio. Un “grazie” anche da parte di chi potrebbe evitare di dirtelo data la sua posizione, ma che invece riconosce che senza persone come te probabilmente non potrebbe occupare quella posizione. La Tate vista dall’interno è come quella vista dall’esterno. Un ambiente rilassante e allo stesso tempo sprizzante di energia.

Com’è l’Italia vista da Londra? Ci tornerai?

L’Italia vista da Londra è un paese magnifico. Ovviamente si potrebbero cambiare tante cose. Solo una credo comincerebbe a far girare tutto in modo diverso e cioè puntare sui giovani (sembra uno slogan elettorale). Ovviamente senza esperienza non si va da nessuna parte, ma imprese e ambienti invecchiati in Italia sono la norma. Credo tornerò. Non so quando, ma tornerò.

dicembre 2006

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