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Il MiBACT si apre ai social. Intervista a Giuseppe Ariano

Enrica Passalacqua

Giuseppe Ariano, si occupa della redazione dei social network del Ministero dei beni culturali e del turismo, promuovendo l’uso di questi mezzi di visibilità digitale. Lo abbiamo intervistato per capire meglio come la macchina ministeriale si è avvicinata a questo nuovo tipo divulgazione.

Quali social network utilizza il MiBACT e quando sono stati introdotti?

Il Ministero ha aperto la pagina Facebook, l’account Twitter e in contemporanea, anche l’account su You Tube tra luglio e settembre 2009, con la creazione della Direzione Generale Valorizzazione. La Direzione Generale Valorizzazione del Ministero è stata creata a inizio agosto 2009 con l’allora direttore generale Mario Resca, il quale tra le varie strategie di promozione disse di voler aprire questi account per cercare di coinvolgere nella promozione culturale anche i canali dei giovani. La decisione di introdurli è stata dettata da una volontà di comunicazione e promozione della cultura.

Oggi i social network continueranno ad esistere presso la Direzione Generale per i musei. Con il nuovo assetto del MiBACT si dovrà capire su cosa indirizzare l’attività dei social. Da quello che ho potuto intuire la linea sarà quella di strutturare meglio la parte comunicativa.

Chi sono i vostri principali utenti?

Twitter è utile come ufficio stampa, cioè come contatto diretto soprattutto con due tipi di target. Da una parte i giornalisti, gli esperti, e dall’altra parte l’utenza turistica straniera o, più genericamente, stakeholders internazionali, come i tour operator o i canali d’informazione come la BBC. I tweet in inglese, corredati da immagini, hanno molto successo e vengono spesso ritwittati dai giornali stranieri.

Il pubblico della pagina Facebook, invece, si è selezionato da solo. Secondo le statistiche di Facebook l’80% delle persone che clicca “mi piace” sulla pagina del Ministero è nella fascia di età tra 21 e 35 anni. La maggior parte delle condivisioni avvengono proprio da parte degli adolescenti oppure da studenti universitari. Il post di Domenica al museo, per esempio, è stato molto condiviso e sarebbe stato interessante andare durante le domeniche nei musei statali, facendo delle interviste a campione, per cercare di capire dove i visitatori avessero appreso l’informazione di quell’evento.


Ci puoi dare un giudizio personale sui social che hai nominato e puoi dirci quale, secondo te, è il più utile per l’azione del MiBACT?

Senza problemi ti posso dire che la risposta è Facebook. Da un lato perché è quello su cui abbiamo puntato di più e, quindi, è quello dove ci sono la maggior parte delle condivisioni. D’altra parte è anche quello in cui è più facile spiegare le informazioni che diamo e ha, inoltre, la possibilità di avere la messaggistica privata, su cui ci arrivano ogni giorno richieste di pubblicità di eventi riguardanti tutto il territorio.

Su Twitter siamo troppo limitati dai 150 caratteri, quindi le informazioni che offriamo sono molto stringate. Inoltre su Twitter l’apertura al dibattito è carente e gli stimoli che diamo sono volontariamente “poveri”. Cerchiamo consapevolmente di non aprire troppo alla discussione perché abbiamo ancora un’utenza troppo specializzata, quindi si rischierebbe di creare una sorta di forum di specialisti poco interessante.

Quali sono i vostri obbiettivi?

Abbiamo passato da poco i 100 mila “mi piace” su Facebook e i 40 mila follower su Twitter, che stanno crescendo in maniera molto veloce perché rispetto all’inizio sono riuscito a creare un’offerta differenziata, con risposte specifiche per i due social, accrescendo l’utilizzo degli hashtag per i tweet. Ad esempio la comunicazione di Domenica al Museo è nata proprio con l’hashtag di twitter. É passata dalla grafica dei social direttamente alla grafica ufficiale dell’evento dell’apertura domenicale.

Il nostro focus è crescere sempre ma non abbiamo degli obbiettivi numerici precisi, o di tipo pubblicitario, almeno per quanto riguarda l’impostazione che sto cercando di dare. La gente deve seguire queste pagine perché sa che al Ministero dei beni culturali e del turismo compete dare le informazioni. Noi in media ogni giorno abbiamo più di 120 “mi piace” sulla pagina facebook e una cinquantina di follower nuovi su Twitter. C’è una crescita costante ma non smisurata di persone consapevoli.

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Noi comunque puntiamo sull’aspetto qualitativo, e non vogliamo utilizzare solo i social per comunicare. L’utilizzo dei social network per noi è solo una parte del lavoro; una parte che può funzionare come ufficio relazioni con il pubblico, come contatto tra l’istituzione e i giovani, come sito d’informazione, come luogo per la pubblicazione dei concorsi, di promozione del patrimonio culturale poco conosciuto, come spazio dove postare curiosità e far intervenire degli esperti (in passato lo abbiamo fatto con degli interventi del ministro, che aveva una sua finestra settimanale sulle pagine social del ministero e in un orario predefinito interveniva su degli argomenti per potersi interfacciare con gli utenti).

I Social sono a volte di difficile gestione. Come affrontate le situazioni critiche?

All’inizio i social sono diventati una sorta di riferimento per “maltrattamenti” rispetto al Ministero dei Beni Culturali, diventando sfogo per una critica negativa al Ministero. Pur avendo il Ministero un numero verde di riferimento per l’utenza, non c’era mai stata un’apertura reale verso il pubblico. Tutte le critiche si sono quindi riversate sui social network. All’inizio eravamo due persone 24 ore su 24, utilizzando anche i nostri device personali, per controllare e rispondere in maniera costruttiva alle critiche. Il nostro obbiettivo principale era cercare di aprire il dibattito, non lasciandolo sterile, risolvendo i problemi e passandoli ai diretti interessati.

Come avete affrontato l’emergenza Pompei sulle pagine dei social network?

Oltre alle spiegazioni delle dichiarazioni ufficiali, è stato di grande aiuto il controllo delle notizie fatto dall’utenza social già fidelizzata. Quindi, non solo abbiamo avuto dagli utenti stessi un aiuto a dare delle risposte e delle giustificazioni valide, ma soprattutto siamo stati capaci di gestire questo momento critico dando informazioni su quello che stava accadendo e sui processi che stavano sviluppandosi in quella situazione. Abbiamo chiarito semplicemente agli utenti quello che stava succedendo. Non potevamo dare risposte esaustive in termini tecnici perché non era competenza nostra, ma potevamo organizzare le informazioni, anche grazie al controllo mediatico fatto dall’allora ufficio stampa di Pompei che ci ha dato i materiali per poter gestire il rapporto diretto con i cittadini. In quel caso il lavoro dei primi 8 mesi ha fatto sì che si guardasse agli account social del Ministero come punti di riferimento informativi, di apertura e di confronto, non come luoghi dove attaccare e criticare il governo. Devo dire che questo continua ancora oggi.

Ci puoi dire un motivo per cui ritieni i social così importanti nella situazione attuale?


I social sono diventati un servizio. Quando era uscito il bando per l’iscrizione all’albo dei restauratori il sito che doveva ricevere le candidature era bloccato e nessuno se ne era accorto. Gli utenti dei social ci hanno segnalato questo problema e noi, prima ancora di chi si occupava di questa operazione, abbiamo comunicato all’ufficio stampa del ministro che c’erano dei problemi e l’ufficio ha provveduto subito a prorogare la scadenza.

Qual’è stato l’episodio del tuo lavoro che ricordi con più piacere?

A Santa Maria Capua Vetere c’è il secondo anfiteatro più grande in Italia dopo il Colosseo. Alcuni giovani della cittadina ci contattarono in privato perché avevano una proposta per valorizzare questo luogo da proporre alla Soprintendenza, ma non riuscivano a contattare nessuno. Ci siamo messi al telefono, abbiamo contattato la Soprintendenza, abbiamo trovato il referente e gli abbiamo dato i contatti dell’associazione locale. Da questo incontro è nata una collaborazione che ha portato nell’anfiteatro eventi per i giovani: concerti, un progetto di valorizzazione dei depositi del Museo Archeologico di Santa Maria Capua Vetere, eventi di musica elettronica. Grazie alla comunicazione tra questi giovani e l’ispettore della Soprintendenza di allora si è potuta creare una cosa che forse senza i social non sarebbe nata.

I social network riescono ad agevolare i contatti e far socializzare la cittadinanza e i giovani con il MiBACT, che non è solo una macchina amministrativa, ma è anche fatto di persone con cui si può dialogare.

Come si sono rapportati i musei statali con la novità della comunicazione social?

L’anno scorso a maggio abbiamo organizzato una giornata informativa su come comunicare sui social network per gli addetti ai lavori, cioè i referenti della comunicazione dei musei e delle aree archeologiche statali italiane. Quell’occasione è stata utile per far creare delle pagine su facebook e twitter di promozione. Questa cosa andrebbe ripetuta, creando un vademecum per la comunicazione, una linea guida ministeriale che possa dare un impronta precisa e unitaria. Dallo scorso maggio ad oggi sono state create molte pagine social di musei, ma abbiamo anche “creato dei mostri” perché purtroppo manca la formazione e la competenza per poter gestire questi strumenti, che hanno un target abbastanza specifico (tra 21 e 35 anni).

Avete progetti di sviluppo futuri?

Mi sto impegnando perché, a breve, ci possa essere anche una piccola partecipazione con Expo per creare un museo virtuale italiano. Gli utenti saranno chiamati a scegliere delle opere d’arte che verranno inserite in una piccola piattaforma creata da Expo per rappresentare un MuseoItalia ideale. Inoltre abbiamo altre idee in cantiere: creare un blog, da gestire come se fosse una piazza di discussione e aprire un account Instagram, vista la grande attrattiva delle immagini del patrimonio culturale del nostro Paese.

Un altro dei progetti che ho appena proposto riguarda la creazione di un vademecum per fotografare all’interno musei. Scrivere poche regole base che permettano di fare delle foto di buona qualità all’interno dei nostri musei statali. Per offrire a tutti la possibilità di essere fotografi delle bellezze dell’arte italiana.

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