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Exploring 20th Century London

Un viaggio nel web per scoprire com’è cambiata Londra nel corso del XX Secolo.

Intervista di Ambra Carabelli a Jason Webber, Website Manager di Exploring 20th Century London.

Al meeting autunnale di Museums Computer Group (alter ego Inglese del nostro Musei-it) è stata particolarmente apprezzata la presentazione che Jason Webber ha fatto di “Exploring 20th Century London”: un progetto che vede la collaborazione di più musei che hanno messo a disposizione di questo sito Internet parte delle loro collezioni.

Quando è nato il progetto “Exploring 20th Century London” e in che modo?

Il progetto è iniziato nel 2004 quando l’idea è emersa per la prima volta ma ci sono voluti poi due anni per realizzarlo ed è stato lanciato a ottobre 2006. L’idea è nata lentamente dal bisogno di rappresentare maggiormente i materiali del XX secolo e c’è stata anche una spinta forte a creare un sito Internet in collaborazione con diversi musei di Londra. Il XX secolo è un argomento su cui molti musei hanno materiali e a cui molti possono contribuire.

Per chi è questo sito? L’audience è quella che chiamiamo “general users audience”: non si tratta di un sito formalmente educativo, è più che altro uno strumento per un apprendimento informale e quindi per utenti con diversi background e con interessi diversi. E’ stato scritto in modo da stimolare l’interesse delle persone, non è basato sul programma delle scuole o delle università. E’ soprattutto per divertimento e per ricerca. Se tutto va bene in futuro potremo sviluppare una sezione dedicata alle scuole; questo sarebbe un aiuto per gli insegnanti perchè nel Regno Unito uno dei temi nel curriculum di storia è la Seconda Guerra Mondiale e in particolare il Blitz (i bombardamenti tedeschi su Londra del 1940 n.d.r.) e abbiamo tanti materiali che possiamo mettere a disposizione. Al momento il sito è dedicato ad un’audience adulta anche se stiamo mettendo insieme la versione per bambini che potrebbe essere lanciata a marzo del 2008 per completare il sito.

Quanti sono i musei coinvolti nel progetto? Ci sono quattro musei attualmente rappresentati nel sito: London Museum, London Transport Museum, Croydon Museum e Jewish Museum. Tra tutti abbiamo pubblicato 7000 immagini nel sito e più di 360 pagine di informazioni su temi diversi riguardanti Londra nel XX secolo. Al momento stiamo lavorando per far crescere tutto questo e per coinvolgere almeno altri otto partner e includere circa 2000 nuove immagini.

E’ stato difficile creare questo network tra musei e soprattutto è stato difficile convincerli a pubblicare le loro immagini? Talvolta i musei possono essere iperprotettivi verso le loro immagini e anche piuttosto restìi a lavorare insieme… Devo dire che non è la mia esperienza, qui è davvero il caso di un progetto in cui ognuno vince, soprattutto i piccoli musei perchè di solito non hanno tanto materiale nei loro siti internet e questa è un’opportunità per loro di pubblicare i loro oggetti on-line. Attraverso questo progetto i piccoli musei hanno guadagnato una serie di conoscenze e una sorta di framework in cui imparare a creare la loro collezione on-line. Abbiamo un sito che racconta la storia di Londra nel XX secolo e ogni museo che dà il suo contributo guadagna attraverso di esso una grande visibilità e vede anche i propri materiali contestualizzati in un discorso più ampio.

E’ stato difficile convincere i musei a creare questo network? No, non molto. La difficoltà è stata più basata sull’andamento del lavoro che non sul convincerli ad aderire al progetto. Per molti musei, grazie ai finanziamenti ottenuti per il progetto, è stata un’opportunità per digitalizzare e pubblicare i loro materiali. Oltre a questo alcuni dei piccoli musei ricevono moltissimi oggetti da donazioni private e spesso non li guardano più di tanto. Quindi questa è un’occasione per spingere le persone a riguardare cosa c’è nelle loro collezioni e riuscire a scovare qualche oggetto interessante da proporre e includere nel sito internet.

Avete fatto una ricerca per osservare come gli utenti usano il sito Internet? Sì abbiamo fatto alcune ricerche lo scorso anno per valutare questioni soprattutto in termini di accessibilità, per vedere quanto è semplice accedere alle informazioni che si stanno cercando. L’idea di come dovrebbe essere il sito è quella di un viaggio, un “English journey”: così si va ad un determinato argomento si leggono delle informazioni e si trovano altri oggetti o link collegati attraverso cui continuare l’esplorazione. Ci dovrebbero essere ancora più link per soddisfare tutti i possibili interessi. Un’altra cosa che abbiamo riscontrato è che abbiamo tantissime fantastiche immagini di oggetti: fotografie ecc…ma ci dispiace che non ci siano nel sito immagini abbastanza grandi. Abbiamo fatto anche ricerche statistiche: c’è uno strumento chiamato “click density” attraverso cui si può vedere esattamente gli utenti dove cliccano e creare poi una specie di mappa dei “punti caldi” che è molto utile per vedere cosa cercano gli utenti. Cercano soprattutto immagini nel sito, in particolare di grande formato. Poi abbiamo riscontrato una difficoltà nel fatto che ci sono larghi blocchi di testo; d’altro canto su molti argomenti c’è molto da dire. Non vorremmo scrivere passaggi troppo lunghi, ma allo stesso tempo la questione è: come descrivere la Seconda Guerra Mondiale in 500 parole? Anche se si limita questo argomento a Londra, sono stati scritti dei libri interi su questo. E’ un dilemma, qualcosa a cui dobbiamo stare attenti.

Nella tua presentazione a Museums Computer Group Meeting hai detto che il sito è stato lanciato con pubblicità su Google, banner ads, Wikipedia, e-cards, annunci sui taxi ecc… Quanto costosa è stata questa campagna marketing e come siete riusciti a finanziarla?  E’ qualcosa in cui abbiamo piuttosto creduto: i musei spesso producono straordinari siti web ma poi non li promuovono a livello di marketing come dovrebbero. Ma quando hai questa quantità straordinaria di informazioni vuoi che arrivino ai tuoi utenti. Quando abbiamo messo insieme il budget per il sito è stato deciso che una parte dei finanziamenti doveva essere per la campagna pubblicitaria. Gran parte del marketing non costa tanto in termini di soldi quanto in termini di tempo. Abbiamo speso per Google 300£ al mese (420 Euro circa) che corrispondono a 600 click perchè ogni click costa 50 pence e con Google paghi ogni volta che qualcuno clicca sul link. La cosa difficile per me è fare una stima del successo di questa campagna: se tu vendi qualcosa puoi dire “Ok, questo è il numero di click che ho pagato ma questo è il numero di oggetti che ho venduto”. Il mio successo è nell’interesse che il mio sito internet suscita nelle persone e questo è più difficile da misurare, posso dedurlo dal feedback e dalle recensioni che ottengo ma non posso quantificarlo. Se qualcuno trova questo sito utile e interessante allora funziona!

Qual’è stato il miglior canale pubblicitario per promuovere il sito? Quando abbiamo lanciato “20th Century London” l’annuncio è uscito su giornali come “Metro”, “The London Paper”, “Life”. Ma abbiamo messo molti link pubblicitari su Wikipedia e questo è stato un successo, anche perchè è gratuito. Ma bisogna stare attenti perchè Wikipedia non ama che si mettano troppi link; noi abbiamo usato lo stesso titolo e ha funzionato bene. Poi abbiamo fatto quello che si fa di solito con i musei: abbiamo stampato cartoline, segnalibri, ecc…Creare interesse è un effetto “palla di neve”, qualcosa che devi continuamente provocare ed è un continuo investimento di tempo anche se non è necessariamente costoso. Puoi costruire il tuo Blog e creare delle “competizioni”. O puoi creare risorse per gli insegnanti che diventano poi il network tra gli studenti e il sito; anche se può generarsi un effetto controproducente perchè se un insegnante ti consiglia un sito tu automaticamente non ci vai perchè non è più “cool”. Il marketing è qualcosa a cui soprattutto i musei dovrebbero pensare più seriamente perchè hanno tantissime cose eccezionali, sarebbe un peccato se non arrivassero agli utenti.

Da dove vengono i finanziamenti al sito? E’ un finanziamento “a cascata”: il denaro viene dal governo che finanzia il Dipartimento Cultura/Media/Sport che a sua volta dà fondi all’Associazione dei Musei e Biblioteche che governa un progetto chiamato “Renaissance Project”. L’associazione dà fondi a “London Hub”, una partnership tra quattro medi-piccoli musei di Londra che a loro volta dà i fondi per “20th Century London” perchè è un lavoro di tipo collaborativo.

Quali sono gli elementi di forza e di debolezza del sito? La forza è che produciamo insieme qualcosa che nessun singolo museo potrebbe fare: siamo davvero vicini a diventare enciclopedici riguardo a Londra nel XX secolo. Una cosa che vorrei cambiare è che io lavoro per il London Museum e anche se il lavoro di “20th Century London” è qualcosa di separato, talvolta passa la percezione che “ok, questo è un lavoro del London Museum a cui altri musei contribuiscono”. Vogliamo davvero cambiare questo: questa è una partnership tra musei e piccoli o grandi che siano ognuno contribuisce al progetto, appartiene a tutti e ognuno svolge un ruolo importante. E’ importante che ognuno sviluppi un senso di responsabilità del suo ruolo perchè poi sia anche più interessato a partecipare attivamente. Qui noi facciamo molto insieme per promuoverci l’uno con l’altro perchè pensiamo che il pubblico oggi viene nel tuo museo ma magari settimana prossima viene nel mio, ecc…Se il tuo lavoro promuove anche qualcun’altro funziona davvero come un circolo che porta benefici a tutti.

Quali sono nel sito la tua immagine preferita e il tuo tema preferito? Sono così tanti…ci sono davvero tantissimi materiali interessanti nel sito: abbiamo dipinti e fotografie di personaggi o di marchi famosi…Forse alcune fotografie delle strade e delle persone negli anni ’50. Ora stiamo per pubblicare una giacca di David Bowie e un paio di manette appartenute al “Doctor Creepy, un celebre assassino degli anni Quaranta… penso che abbiamo anche una serie di oggetti piuttosto controversi nella nostra collezione, ma è davvero ricca ed esaustiva e con questo progetto riusciamo a mettere nel sito Internet quello che nel museo spesso non è accessibile al pubblico. Molti musei hanno gran parte delle loro collezioni in depositi ed è un peccato che solo una parte sia in mostra; così è bello avere un progetto in cui poter “tirar fuori” alcuni oggetti davvero affascinanti.

gennaio 2008

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