Report dalla Winter School della Bicocca
Di Elena Bonini.
“La società dell’informazione va progettata, e progettarla significa promuovere il dialogo tra più discipline”. Con queste parole Giorgio De Michelis, direttore del dipartimento di Informatica, Sistemistica e Comunicazione dell’Università degli Studi Milano Bicocca, ha aperto i lavori della scuola “Intelligenza Artificiale nei Beni Culturali”, alla sua seconda edizione.
L’obiettivo della scuola è stato quello di mostrare alcune tra le più significative metodologie e tecniche informatiche per la conservazione, la fruizione, il restauro e la tutela dei Beni Culturali, con un’attenzione particolare ai beni archeologici, ma non solo. Si è quindi cercato di dare contributi puntuali, a partire dall’analisi dell’evoluzione della ricerca e della tutela conservativa, e delle problematiche legate all’introduzione dell’informatica. Al tempo stesso, si è insistito sul senso e sul valore dell’archeologia per la collettività, come strumento cognitivo che possa essere da supporto per l’ingegneria del territorio, dalla sua comprensione, alla sua pianificazione e sviluppo attuale.
Spiega infatti Stefania Bandini (CSAI Research Center, Università degli Studi di Milano – Bicocca), promotrice insieme a Luciana Bordoni (ENEA / FIM) della scuola: “La gestione delle risorse culturali deve estendersi alla cultura contemporanea, compresa la cultura del progresso e dell’innovazione (come la cultura urbana), e non si deve limitare semplicemente a preservare e comunicare le forme di cultura tradizionale e storica”.
È questa dunque l’impostazione data alla scuola, coordinata in modo impeccabile da Glauco Mantegari (Qua_si, Università degli Studi di Milano –Bicocca), e che ha visto la partecipazione di una ventina di persone fra studenti, giovani ricercatori e professionisti del settore dei beni culturali. I dieci corsi, tenuti da docenti universitari di rilievo, hanno messo a confronto idee, progetti e risultati emergenti dalla costruzione di modelli specialistici di fruizione per i beni culturali.
I percorsi delle tre macroaree tematiche hanno toccato le questioni della documentazione, per il reperimento automatico di documenti in forma digitale (Intelligent Information Access, Image Retrieval e Semantic Web); le questioni dell’accessibilità ai beni culturali, dal rapporto uomo-computer e la realtà virtuale, alle tecniche di allestimento automatico per i musei (Image Retrieval, Intelligenza Artificiale e Musei); e infine i metodi e le tecniche informatiche a supporto, nello specifico, della ricerca archeologica.
A questo proposito, è stato invitato Juan Antonio Barcelò, dell’Universitat Autònoma de Barcelona, che ha ricordato l’importanza dell’approccio epistemologico dell’Intelligenza Artificiale nelle scienze sociali, con chiari riferimenti ai contributi della psicologia cognitiva, per poi presentare le sue ricerche sulle reti neurali e sui sistemi esperti.
Personalmente, ho apprezzato moltissimo l’intervento di Giovanni Attolico e Floriana Renna (ISSIA-CNR – Bari), che hanno presentato il progetto Omero: un sistema per permettere ai non vedenti di “toccare” la realtà virtuale. Il sistema consente infatti un’esplorazione assistita, tattile e uditiva di modelli digitali tridimensionali, “toccando” oggetti virtuali con un dispositivo speciale (interfaccia aptica), la quale restituisce sulla mano dell’utente le stesse forze che avvertirebbe se l’interazione avvenisse nella realtà. Questo sistema è stato sviluppato per il castello Svevo di Bari, ed è stato commovente percepire l’entusiasmo dei non vedenti che l’hanno testato, i quali hanno appreso prima virtualmente a orientarsi nel castello, e poi ne hanno fatto esperienza reale.
gennaio 2007
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